lunedì 8 settembre 2008

L’archeologo imprenditore

Alessandro è un fiume in piena. Parla con un bell’accento della sua terra, Galatina in provincia di Lecce, punta meridionale estrema della Puglia. È il sud del sud, terra di lunga storia ma anche di alta disoccupazione, e non stupisce che i suoi professori, avendo di fronte un ragazzo sveglio,abbiano cercato di tenerlo lontano dai rischi di un mercato del lavoro difficile. Hanno tentato di smontare i suoi sogni a occhi aperti, per indicargli delle opportunità più concrete. Hanno ragionevolmente insistito sul fatto che le materie scientifiche possono condurre a una formazione meno aleatoria e illusoria delle materie umanistiche. Magari tanti altri studenti avessero qualcuno che li guida in questo modo! Quante illusioni in meno ci sarebbero, e quanti giovani troverebbero più facilmente qualcosa di solido e interessante da fare.Nel caso di Alessandro, però, i consigli non erano all’altezza dei suoi sogni e della sua determinazione. Chi lo ha spinto a fare il liceo scientifico invece del classico non aveva capito di avere di fronte una persona con una marcia in più. Uno che non voleva una strada più facile, ma che intendeva arrivare a tutti i costi in fondo alla “sua” strada. Il grande alleato di Alessandro è stato, ed è, un desiderio sfrenato di realizzare i suoi sogni. (Precari e contenti, Angela Padrone)

Anch’io ho dovuto impormi per tentare di realizzare, almeno in parte, i miei. Quando, terminati gli studi classici, dovetti decidere seriamente cosa fare da grande e, conseguentemente, quale facoltà universitaria scegliere, io, non ebbi alcun dubbio: giornalismo. Mia madre invece ne ebbe tanti e cercò, seppur invano, di insinuarli nella mia mente. Tra frasi assurde, della serie “sei troppo bassina, finiresti per confonderti tra la gente senza riuscire a intervistare nessuno”, e veritiere purtroppo, quali le difficoltà di trovare lavoro, forte del mio essere, fui costretta a metterla di fronte a una scelta: o avrebbe assecondato la mia aspirazione o niente. Mi sarei fermata. Al diavolo le mie capacità, le mie potenzialità, la mia attitudine per lo studio e la preparazione. Tutto ciò non avrebbe avuto più un senso se non fosse stato orientato al raggiungimento di ciò che oramai era diventato il mio obbiettivo di vita. Mai mi ero permessa di obiettare ai suoi consigli. Ero sempre stata ubbidiente, consenziente. Tutto ciò che diceva, decideva, andava bene, anche se poi magari non era proprio così e ne soffrivo. Ma quella decisione NO! In tutto questo mio padre lasciava fare a noi donne. Soltanto una volta, durante una delle nostre discussioni, esclamò: "si ie chiddu chi voli fari lassaccillu fari". Ebbe ufficialmente inizio la mia formazione giornalistica… (continua…)

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