venerdì 13 febbraio 2009

Clausola anti-mamma

È arrivato il momento di chiarire perchè nel blog da tempo c'è l'icona con il link alla pagina di Chiara Valentini, giornalista de L'Espresso, sulle madri a rischio licenziamento.



Di colloqui di lavoro ne ho fatti pochi, ma tutti altamente snervanti: non tanto per la cosiddetta “ansia da prestazione” quanto per la discriminazione a cui sono soggetta per essere una giovane donna sposata.
Una volta, al momento incriminato, guardai con occhi freddi il mio esaminatore, mi alzai con fare tranquillo e, seria in viso, lo spedii dritto a quel paese. Poi, senza concedergli tempo di reazione, me ne andai chiudendo con grazia la porta alle mie spalle.


Peccato aver vissuto quest'attimo soltanto nella mia mente! Nella realtà andò diversamente…
Qualche mese addietro una cara amica di famiglia mi riferì che cercavano una segretaria in uno studio di medici associati. La paga era buona e anche l’orario essendo quello delle visite. Insomma un lavoro decente sotto vari aspetti.
Telefonai per il colloquio. Fissati giorno e ora, preparai il curriculum e mi presentai vestita tutta di bianco (non in camice ma in camicia!), leggermente truccata, capelli appena lavati e pettinati, decisa più che mai che quel posto sarebbe stato mio. All’inizio andò tutto liscio: le mie referenze erano superiori a quelle delle altre aspiranti fino ad allora esaminate. Di botto però incominciai a perdere quota. Era scattata l’ora della fatal domanda, la mia ora.
Sposata? Sì.
Figli? No.
In progetto? No.
“Sai, veramente noi cercavamo persone libere da certi impegni.”
“Siamo alle solite, ai soliti discorsi” pensai.
Ma mi sbagliai. Il mio interlocutore finse di regalarmi un barlume di speranza prospettandomi una realtà che più o meno mi dipinse così:
“È bene che tu sappia che in caso di maternità una clausola del contratto prevede il licenziamento”.
È che novità è mai questa?


OH… OH… OH… Un bel sospiro. Vaff… soffocato.
È legale tutto questo? Ops… dimenticavo: siamo in Italia, se non lo è si trova il modo di farlo sembrare.
Beh… detto ciò io non ebbi più nessuna voglia di continuare quell’arido scambio di informazioni e insulti (sottointesi i suoi, virtuali i miei). Tentai allora di tagliar corto e ci riuscii.
Mi sentivo discriminata per il sol fatto di essere una potenziale mamma. Ricordo che aspettai mio marito spossata, demotivata. Sapevo già che non mi avrebbero mai chiamata. Previsione azzeccata ovviamente.
In verità ciò che più mi addolorava non era tanto il fallimento del colloquio, quanto il perché era fallito. Per qualcosa che non ero ma potevo essere. Non per le mie referenze attuali, ma per una probabile condizione futura.
Per essere una donna, una moglie, e un eventuale madre.

lunedì 2 febbraio 2009

A presto!


Maleoccupati torna presto.
Ciao.